BOTTEGA DEL TEATRO FRANCO MESOLINI

 

Pluto è l’ultima commedia che ci resta di Aristofane. La critica appare concorde nel sottolineare il ridimensionamento dell’elemento comico, straripante in opere come Lisistrata e Rane, in favore di una espressione ironica maggiormente meditata e dolente.
E’ anche una commedia poco politica, evidenziando infatti una programmatica rinuncia a specifici riferimenti all’attualità ateniese, in favore dello sviluppo di una tematica più universale e di stampo sociale quale l’equa distribuzione delle ricchezze.
Un tema reso forse più sensibile ed emergente al tempo della sua ideazione a causa della crisi sociale generata dalla Guerra del Peloponneso.
Sono questi due elementi che ci hanno portato a pensare proprio al Pluto come ideale prosecuzione del nostro lavoro “estivo” sui classici greco-latini, iniziato due anni or sono con la messa in scena di Asinaria.
I punti di contatto tra le due opere e la conseguente sfida ci sono sembrati particolarmente motivanti: ancora una commedia considerata poco “ridanciana”, su cui provare a creare e sviluppare quei meccanismi del comico, che dovrebbero portare il pubblico al riso; e ancora una commedia “sociale” e “universale” che in quanto tale ben si presta ad essere calata in ogni contesto storico, (così come Asinaria, che, proponendo uno spaccato sul mestiere più antico del mondo, ci aveva consentito una rievocazione dell’epopea delle case di tolleranza nel periodo del ventennio).
Affrontare il conflitto tra ricchezza e povertà, che è antico quanto l’uomo, riflettere sul problema della ridistribuzione della ricchezza, che da sempre è stato motivo di confronto sociale, ci è parso di particolare necessità, soprattutto in questo periodo di crisi, con la pandemia che di fatto ha acuito ancor di più le differenze.
Di qui la scelta di Pluto, una commedia considerata “povera”, dalla coreografia semplificata, priva del consueto sfarzo corale, che rinuncia all’intermezzo (parabasi), probabilmente nel segno di una austerità che la società ateniese sta vivendo nel suo periodo post bellico.
Ma, ci chiediamo, sarà definibile ugualmente post bellico il periodo in cui riusciremo a portarla in scena, tornando finalmente allo spettacolo dal vivo?
Nel momento in cui progettiamo questo lavoro ancora non possiamo dirlo, mentre abbiamo sempre ben vive le immagini delle proteste dei lavoratori dello spettacolo che riconsegnano i loro bauli di lavoro nelle piazze delle più importanti città italiane.
Questo evento, questa immagine rappresenta l’ispirazione della nostra messa in scena, il suo motore di avvio: una sorta di rito funebre presenziato da Penìa (la povertà), che coinvolgerà gli attori della compagnia, prima di calarsi nei ruoli della commedia e tuffarsi nel vortice di un’azione scenica che proprio questo eterno conflitto tra ricchezza e povertà vuole affrontare.
La contemporaneità è dunque il contesto di riferimento della messa in scena, e non solo nel suo alludere alla condizione sofferente di un settore, quale quello dello spettacolo dal vivo, che più di altri ha patito le restrizioni del periodo pandemico, ma anche cogliendo quei continui spunti che ci riportano facilmente e felicemente alla cronaca della presente e nostrana realtà politica, fatta spesso di slogan, luoghi comuni e prassi a volte contraddittorie e che in quest’opera si offrono come appuntamenti troppo invitanti e bipartisan per non coglierne l’occasione di citarli e sorriderci su.
In fondo, mai come in questo nostro tempo presente, il dio denaro indirizza le scelte e le prassi degli individui e delle società, (con esiti a volte drammatici), e il suo potere è sempre più oggetto di analisi critiche, riflessioni e pensieri, come anche fonte di ispirazione per molte canzoni, (dagli Abba ai Pink Floyd, da Cabaret a Renato Zero) che faranno da colonna sonora allo spettacolo, accompagnando i diversi siparietti che, a guisa dei momenti corali mancanti in questa commedia, ne contrappunteranno l’azione.
Con l’obiettivo di creare uno spettacolo dinamico, sentito, contaminato e divertente, nel solco dell’insegnamento ricevuto dal maestro Franco Mescolini, di cui la Bottega del teatro cerca con passione di portarne avanti la missione, potendo contare, come in questo caso, sul prezioso e gentile contributo di Vito, attore molto stimato e direttamente conosciuto da Franco Mescolini.